Cosa ho imparato al NOT2020 sui vini naturali. NOT occasione di confronto e di crescita.

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Premetto che il titolo del Convegno, “Apocalittici e integrati” questioni di prospettive sui vini naturali e dinamiche di consumo, di echiana memoria genera in me il pregiudizio di una realtà divisa. Immagino di incontrare vignaioli “apocalittici” armati di vini naturali pronti a combattere in difesa del territorio, dell’ambiente e della tradizione; seguiti da un esercito di consumatori green dalle idee chiare e forti con le quali cambiare il mondo. Logicamente mi perdo nelle aspettative e nelle elucubrazioni chiedendomi anche chi saranno mai gli integrati. Ma esagero, appunto, cosa di cui ho contezza quando partecipando al primo seminario vengono snocciolati i dati Wine Monitor di Nomisma. La ricerca, in sintesi, descrive il consumatore di vino naturale come un consumatore confuso che esprime il forte bisogno di conoscere il prodotto naturale che responsabilmente sceglie. Un consumatore che in tutto ciò che fa, quindi anche nella scelta di ciò che beve e mangia, è attento a salvaguardare se stesso e il pianeta. Un potenziale opinion leader ancora più preparato e forte nella sua azione se, recatosi in visita nelle aziende produttrici, avrà dato risposta alle sue curiosità. Le aziende di vino naturale, figlie di tale cultura ecologista, come ci descrive Sebastiano Torcivia sono in notevole crescita e ben il 67 per cento di esse partecipa a questa seconda edizione del NOT. Ad accomunare queste aziende non è un disciplinare, tanto discusso e mai trovato, e neppure un marchio. I vignaioli logicamente  possiedono una certificazione biologica; ma non sono certo le fredde carte a conferire identità al loro vino.

Il vignaiolo crea il suo vino, crea una storia, segue una filosofia di vita.

Quella filosofia che deve essere conosciuta da chi come lui condivide lo stesso rispetto per la natura, il territorio, la tradizione, la persona. Ed eccole le persone, ecco i vignaioli che emozionano con il racconto delle loro esperienze.

Nino Barraco, al suddetto seminario, mi conquista quando definisce la documentazione biologica come una semplice tela bianca sulla quale dipingere e creare la propria opera d’arte, considerando il proprio lavoro, in quanto espressione della propria soggettività, simile a quello del pittore. Il vignaiolo, dice Nino, esterna ciò che ha dentro nelle sue azioni, nelle sue scelte e nel suo prodotto. Un prodotto unico che non può essere “disciplinato” e che non risponde alle leggi dell’economia aziendale.Che bello! emerge adesso una visione esistenzialista che inizia ad affascinarmi e che ancor più si esprime  nell’intervento di Arianna Occhipinti. Giovane vignaiola, forte dei suoi 15 anni di intensa esperienza nel settore, che non si è mai risparmiata nel vivere quello che definisce un importante viaggio di crescita. Un cammino in cui non è importante la meta da raggiungere ma il pieno presente, vissuto da persona vera che crede nel suo operato. E si può essere produttori veri solo quando si ha la fortuna di fare ciò che si desidera, esprimendosi in un lavoro che è anche passione. Tutto ciò non si può spiegare in numeri ma necessita di un linguaggio comune che permetta di raccontare e comprendere pienamente questa umana realtà. Una passione, un modus vivendi, che spinge oggi Arianna a portare il suo impegno su altri temi e ad affrontare nuove sfide. Certo la battaglia più importante al momento è quella di difendere, anche con l’aiuto dell’esercito come suggerisce Barraco, il territorio dall’immondizia selvaggia. Questione culturale e politica estremamente complessa che va con tutte le forze affrontata. Riepilogando, al seminario, armati del loro impegno, negli apocalittici ho visto espressa soltanto questa forma di lotta contro l’ignoranza e l’inciviltà; per il resto, nei momenti successivi anche  i vignaioli che incontro nelle Tre Navate, con i loro banchetti di assaggio e con i ricchi racconti dei loro vini, mi parlano di trasparenza e onestà. A dispetto del titolo dato al convegno, in una piacevole conversazione con Federico Graziani e poi con Valeria Scirto, capisco che non si vogliono creare divisioni. Si vuole difendere un patrimonio territoriale comune e con esso la nostra salute e la nostra cultura. Le divisioni confondono soltanto e impediscono di apprezzare ciò che è alla base di ogni lavoro svolto con onestà e trasparenza; ciò che va sempre onorato: lo sforzo umano. Vini convenzionali e vini naturali se Veri, sono espressione di una stessa filosofia che oggettivandosi potrà solo generare crescita. Ma, altra questione nodale, come esprimere tale filosofia, come farsi conoscere, come diffondere cultura? diventa fondamentale vivere l’incontro e raccontarsi nel proprio mondo. Tutti i produttori di vino invitano sempre alla visita in cantina; esprimono il desiderio di aprire le porte delle loro aziende e di accogliere, con il piacere del confronto, chi desidera conoscerli. In conclusione, il mio consiglio è il seguente: vuoi conoscere la persona che produce il vino che ami? Vai a trovarla nella sua realtà di vita e di lavoro, perché nella sua unicità d’essere non potrà mai deluderti ma sarà un’importante occasione di arricchimento (come quella che ho avuto la fortuna di vivere io al NOT 2020). Se desideri vivere una visita in cantina, Winery Tasting Sicily può anche aiutarti! Scopri il portale di enoturismo in Sicilia.

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