Visita in cantina all’Abbazia Santa Anastasia di Castelbuono.

In Sicilia a pochi chilometri da Cefalù, nel Parco delle Madonie impossibile non visitare una splendida cantina.

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2017
Visita Cantina Abbazia Santa Anastasia Castelbuono paesaggio

A Palermo, nel versante nord-ovest del Parco delle Madonie, presso Castelbuono, si estende una vasta tenuta di circa 450 ettari che abbraccia, nella contrada Anastasia, una antichissima abbazia con fabbricati in pietra e architettonici bagli appartenuti per secoli ai monaci benedettini e oggi ristrutturati nelle imponenti strutture di un relais a 5 stelle.

L’Abbazia Santa Anastasia, cantina di vini biologici e biodinamici e piccolo relais de charme, apprezzato da winelovers italiani e stranieri, è ricca di fascino e di storia. 

È stata costruita nel XII secolo dal Conte Ruggero D’Altavilla e ivi, per lungo tempo, i monaci hanno prodotto del buon vino, gradito alla nobiltà e al clero locali. 

Produzione ancora presente nella tenuta in cui varietà autoctone e internazionali danno vita, nel rispetto di una precisa filosofia aziendale, a vini naturali e unici come piena espressione del terroir e delle qualità organolettiche delle uve.

Storia e filosofia aziendale che Winery Tasting Sicily ha conosciuto in questa estate 2020, grazie all’accoglienza della famiglia Lena e del General manager Mario Meli. 

Soggiornare in una delle 29 camere del Relais, classicamente arredate dall’ architetto Paola Moriconi, significa fare un tuffo nel passato; anche se, nelle giornate calde di luglio, un vero tuffo è preferibile farlo nella grande piscina inserita nella panoramica terrazza che si affaccia sulla vallata con vista sui vigneti e sul mare. 

Ma a conquistare vista e cuore, appena si accede nella suggestiva corte medievale, è la cappella consacrata dell’Abbazia, un vero gioiello!

Nello stesso cortile sono ubicati la reception e il ristorante “La Corte dell’Abate”.

La cucina dello chef Alessandro Battaglia, ricercata ma anche genuina, in armonia con il vino prodotto dall’azienda regalano un interessante viaggio emozionale. I sommelier attenti e preparati rispondono a tutte le curiosità enologiche, consigliando i migliori abbinamenti vino-cibo. 

Se poi si decide di passeggiare tra le vigne, tutte trattate naturalmente, e di visitare la cantina, con grandi botti in legno e serbatoi in cemento vetrificati, si avrà una visione più ampia della realtà vitivinicola dell’azienda.

Noi abbiamo fatto sia l’uno che l’altro e abbiamo avuto la fortuna di chiacchierare con Stefania Lena, enologa responsabile della produzione. 

Stefania ci ha raccontato di come l’intenzione di creare questa realtà vitivinicola rispettosa dell’ambiente, che oggi apprezziamo, ci sia sempre stata in realtà.

Il padre Francesco, imprenditore edile palermitano, nel 1982 acquistò la tenuta di vigneti, uliveti, boschi e macchia mediterranea che si estende dai 100 ai 500 metri di altezza. Decise di mantenere i vigneti a tendone di Insolia e impiantare Cabernet Sauvignon e Franc, Chardonnay, Syrah, Merlot, Sauvignon Blanc, ma anche gli autoctoni Nero d’Avola, Grillo, Zibibbo e Grecanico. 

Importanti furono, per l’azienda e per la formazione della giovane Stefania, gli anni 90 con la preziosa collaborazione di Giacomo Tachis

Tachis e Riccardo Cotarella sono stati, a distanza di tempo e con filosofie diverse, i mentori della giovane enologa.

“Giacomo Tachis è stato colui che ha individuato il potenziale dell’azienda, si è innamorato dell’azienda, e con grande intuizione ha avviato la produzione del Litra.

Consulente ufficiale dell’Istituto Vite e Vino di Palermo, seguiva tutti i vini delle piccole aziende che portavano i propri prodotti a fare le analisi presso l’Istituto; un giorno gli capitò di assaggiare un Cabernet Sauvignon in purezza che lo intrigó molto, così chiese di poter conoscere il produttore. Cosa che avvenne- ci racconta Stefania- in occasione del Vinitaly dove Tachis, in maniera provocatoria però carina, disse a Francesco Lena: è un buon vitigno se vuole lo facciamo diventare vino!”

Nacque così il Litra, nome scelto perché ricordava la Toscana del mescolavin (come amava descriversi con ironia il famoso enologo), un vino potente, seducente e di grandissima classe.

Stefania ci conquista con la storia ma anche con le sue riflessioni sul presente, quando afferma: “Pur amando i vitigni autoctoni, non coltivare vitigni internazionali in Sicilia significa perdere l’occasione di un viaggio nel bicchiere.

Viaggiare significa per me andare a scoprire come i cosiddetti internazionali sono diversi in Sicilia, in Francia, in Australia. Il bello è sentire in essi la differenza del territorio. Le uve crescono in terreni, microclimi diversi e con persone diverse. Risentono della mano di chi le coltiva e di chi produce il vino. Viaggiare nel mondo del vino significa sentire queste differenze e scoprire il rapporto unico, la “magia” che può esserci tra vitigno, anche internazionale, e territorio. La magia della viticoltura e dell’enologia è proprio questa: per quanto possiamo sforzarci di farne una scienza non lo sarà mai, perché è anche anima!

Quando mi chiedono- continua Stefania-perché produrre un Cabernet Sauvignon in Sicilia? Dico sempre: se è buono perché perdercelo! E il Litra vive la sua magia in una piccola zona chiamata Bernarda dove a pochi metri di distanza essa già svanisce; questo il motivo per cui non si producono più di 6000 bottiglie di questo Cru Bio”. 

Logicamente, la produzione totale dell’azienda è ben più ricca. Si aggira intorno ai 400/450 mila bottiglie annue con distribuzione per il 50 per cento in Italia e per il resto in Europa, soprattutto Svizzera e Germania.

Una produzione, sin dagli anni 80 in biologico, che si è  orientata verso il biodinamico, certificato Demeter dal 2015, nella linea Senso Inverso Nero d’Avola, Syrah Chardonnay. L’azienda ottiene circa l’80% di elettricità da impianti ad energia rinnovabile e mantiene il suo impegno green con diversi progetti di sostenibilità ambientale.

Dei 450 ettari di proprietà:  70 ettari sono vitificati, 55 sono uliveto, 2/3 ettari frutteto e orto ad uso del ristorante. 

Tra gli autoctoni presenti merita una menzione il Nero D’Avola che in questo territorio si caratterizza per la notevole longevità, ben espressa nel biodinamico di Senso Inverso. Con una bella acidità e un buon grado alcolico, questo vino mantiene la sua struttura in bottiglia; pertanto, può essere conservato per un lungo periodo, anche a casa, e riuscire a raccontarsi sempre meglio. L’azienda produce anche olio, con certificazione biodinamica, dai cultivar Nocellara del Belice, Biancolilla e Crasta.

In totale le etichette di Abbazia Santa Anastasia sono ventuno; per la precisione, diciassette etichette sono di vino, due di metodo classico, uno di passito, una di olio di oliva. Il marketing della rete vendita è curato dal brand manager Gianfranco Lena. L’abbazia è anche una bella e apprezzata realtà enoturistica che punta a creare un maggior legame tra il relais e la cantina, desiderando far vivere il vino come una ricca esperienza e non soltanto come un percorso enogastronomico. Passeggiate in vigna, conoscenza delle procedure biodinamiche, corsi di degustazione del vino, abbinamento al cibo, sono tutte proposte culturali estremamente interessanti per gli ospiti.

In questi nuovi progetti, nella passione e cura per il proprio lavoro l’Abbazia Santa Anastasia trova nuova e crescente forza. Essa con tutte le sue ricchezze paesaggistiche, produttive e umane merita di essere conosciuta.

Se vi trovate in zona e amate la Sicilia vi consigliamo di visitarla; godrete di cultura, di relax, di interessanti esperienze enogastronomiche e di una calorosa accoglienza.

Informazioni utili per gli enoturisti.

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